Mercoledì 16 maggio 2018, ore 10.00
Accademia di belle arti G. Carrara
P.zza Giacomo Carrara 82/d, Bergamo
Nell’ambito del corso di Informatica Generale del docente Agustin Sanchez
L’incontro è aperto a tutti
Edward Rozzo
Un percorso zig-zag, sotto-sopra, dentro-fuori nel definirsi artista.
Varie elementi segnano profondamente il percorso di Edward Rozzo nella sua ricerca fotografica: la depressione di sua Madre, gli scritti di Ananda Commarawaswami, le fotografie di Edward Weston, Lee Friedlander, Robert Frank, Weegee, Gary Winnogrand e Mario Giacomelli e gli scritti di John Szarkowsky. Troppe cose per capire al volo un lavoro di ricerca.
Quindi… Rozzo non si definisce artista ma solo fotografo. Eppure, tutta la sua ricerca ha dei fili conduttori tematici: il rapporto post-moderno, frammentato, isolato dell’individuo, il soggetto spesso femminile, lo stato mentale complesso di ogni donna e, forse, di ogni persona. È una ricerca per visualizzare l’angoscia interiore, la confusione in confronto di una società apparentemente opulente ma, contemporaneamente, povera di radici identitaria.
Partendo dei primi lavori a New York negli anni ’60,mentre studiava fotografia con Harry Callahan alla Rhode Island School of Design, conclusa con la sua tesi e laurea in Belle Arti nel 1970, le sue immagini isolano le persone nel loro vissuto e, contemporaneamente, esplorano il linguaggio fotografico allo stato grammaticale: la grana, il flou, il mosso, il contrasto, l’uso del flash. Traendo spunto dai lavori sopra menzionati, l’esplorazione del linguaggio fotografico viaggia sui binari del post-modernismo creando immagini forte ma enigmatiche e complesse. Il soggetto è sempre alla difficile ricerca d’identità fra ansie e confusione.
Dopo il suo arrivo in Italia, negli anni ’70, continua la sua ricerca personale con immagini della macellazione in Toscana, del terremoto Friulano del ’76 e, più tardi, negli anni ’90, con due ricerche: Province Mentali e Storie Urgenti. La prima dedicata al mutamento psico-sociale delle province italiane e la seconda dedicata all’esplorazione dei momenti di smarrimento individuale nel quotidiano. Tutti e due i progetti sono completati negli anni ’90. Province Mentali viene escluso da varie mostre collettive perché fa vedere un aspetto troppo “commercializzato” dell’Italia che vuol vedersi esclusivamente nelle sue eccellenze produttive come il design e la moda. In questo modo, l’establishment culturale italiana evita di guardarsi allo specchio. Il secondo progetto, Storie Urgenti, viene esposto ad Arles nel 1998 grazie a Toni Thornimbert che riconosce la validità della ricerca, ma il progetto viene ignorato nel suo insieme dall’establishment. Un collezionista italiano dichiara: “… è una ricerca troppo complessa visivamente, gli italiani non potrebbero capirla.”
Da questi ultimi lavori nasce la ricerca “What’s wrong?” dedicata alla stanchezza femminile in tutte le sue forme interiore. Rozzo, però, non dedica l’energia sufficiente per promuovere nessuno dei suoi progetti fotografici e vive in conflitto, spesso dichiarato, con la cultura fotografico italiana. Come scriveva quasi cent’anni fa Commarawaswami, l’arte non è l’oggetto fatto bensì il processo con la quale si produce. Quindi, per Rozzo, è fare col cuore e testa insieme all’abilità tecnica che produce un oggetto d’arte. Ma l’arte sta nel fare l’oggetto e non nel oggetto stesso.